Pistoia si estende in una pianura circondata dalle cime delle montagne pistoiesi e dalle dolci colline della Valdinievole e del Montalbano. Fondata nel II secolo a.C. per appoggiare le truppe romane in lotta contro i Liguri, ha una lunga storia di lotte e sfide, di moti d'orgoglio e di resa alla potenza fiorentina. Oggi conta oltre 90 mila abitanti.
La città è particolarmente ricca di pregevoli monumenti romanici e rinascimentali e può vantare una delle più suggestive piazze d’Italia, piazza Duomo che oltre a essere il centro geometrico della città, ne rappresenta il fulcro sia civile che ecclesiastico. Su questo grande spazio infatti si affacciano i più importanti edifici storici della zona: la cattedrale di San Zeno che custodisce al suo interno l’altare argenteo di San Jacopo; la torre del campanile, costruito su di un’antica torre di origine longobarda, in stile romanico che raggiunge un’altezza di 67 metri, il battistero di San Giovanni in Corte trecentesco, in stile gotico; il Palazzo dei Vescovi i cui sotterranei sono arricchiti da un importante percorso archeologico con scavi in sito di una stele etrusca di tipo fiesolano, una fornace romana e di tratti di mura della città antica; il Palazzo Pretorio anch’esso in stile gotico, famoso per il suo cortile interno con gli stemmi dei magistrati; il Palazzo del Comune con una bella facciata ornata di bifore e trifore; l’ex chiesa di Santa Maria Cavaliera e infine l’altomedioevale torre di Catilina alta 30 metri. Ma non c’è solo piazza Duomo.
La città nasconde nei vicoli del suo centro storico altre rare bellezze artistiche a cominciare dalla chiesa di Sant’Andrea che risale all’VIII secolo e custodisce al suo interno il celebre “pulpito di Sant’Andrea” di Giovanni Pisano.
C’è poi la basilica della Madonna dell’Umiltà la cui importanza architettonica è dovuta alla cupola cinquecentesca realizzata da Giorgio Vasari e alta 59 metri, e ancora la Chiesa di San Giovanni Evangelista, detta Fuorcivitas, e la chiesa di San Bartolomeo in Pantano chiamata così per il luogo paludoso in cui sorse. Si tratta di una delle tante chiese dedicate agli apostoli che dopo la conversione al cattolicesimo i Longobardi decisero di costruire intorno alla città.
L’evento principale della città è la Giostra dell’Orso che ha luogo il 25 luglio e consiste in un palio equestre in cui si sfidano i rioni cittadini. La giostra è legata al culto di S. Jacopo, patrono della città le cui reliquie sono conservate nel duomo.
C’è poi il Pistoia Blues, una delle più importanti rassegne internazionali di musica blues d’Europa che si svolge nel mese di luglio.
Pistoia cosa vedere in un giorno
19/10/2024
Pistoia è tra i punti di partenza e di approdo che si possono scegliere per vivere un'esperienza contemplativa, immersi nella natura. In questo crocevia si toccano, si sfiorano e si sovrappongono cinque itinerari storici.
Un piccolo "Cammino di Santiago" che attraversa le più belle città d'arte della Toscana. Un percorso facile, adatto a chi intraprende un cammino per la prima volta, grazie alla prossimità dei centri abitati e alla frequenza di mezzi di trasporto.
Dall'Emilia alla Toscana, un cammino lungo mulattiere, stradelli e sentieri, attraverso un territorio ricco di bellezze naturali. Adatto a tutti, per la facilità con la quale si possono raggiungere piccoli borghi nei quali riposare e ristorarsi.
La Via corre parallela alla più antica strada ferrata dell'Appennino, la Ferrovia Porrettana. Da Bologna a Pistoia, passando per Porretta Terme, ancora oggi è possibile interrompere il cammino per concedersi un tratto in treno e ritornare lungo il tragitto.
Un viaggio nella bellezza che interseca numerosi altri cammini. Tocca città d’arte, piccoli borghi storici, incantevoli scorci di montagna, alpini e appenninici, in un’alternanza di ambienti e paesaggi.
Da sempre un’importante rotta europea, la Via, oggi valorizzata e resa percorribile, parte dal Mar Baltico, attraversa l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Austria ed entra in Italia valicando le Alpi.
Pistoia Crocevia di Cammini depliànt in PDF italiano
19/10/2024
Si trova all'interno dell'Ospedale del Ceppo, l’antica sede dell’ospedale cittadino fondato nel 1277e che in tempi passati, grazie al prestigio acquisito, lo resero famoso in tutta Europa.
L'ospedale è noto anche all'estero per la presenza del celebre fregio della scuola Della Robbia, che attira turisti da tutto il mondo.
Pistoia Sotterranea offre una ricostruzione della storia dell'ospedale attraverso i secoli con un percorso lungo 700 metri che si sviluppa sotto l'antico Ospedale del Ceppo e sotto il centro storico della città.
E' il percorso ipogeo più lungo della Toscana, ed è completamente accessibile ai disabili e dotato di pannelli touch per i non vedenti.
Aperto tutti i giorni . E' gradita la prenotazione al 0573 368023
La visita viene sempre effettuata con la guida, compresa nel prezzo del biglietto.
Biglietti
Intero € 12.00
Ridotto € 10.00
(Over 65 - Minori 7-17 anni - Soci ACI - Soci Touring Club Italiano - Soci CamperLife - Soci PleinAir - Ospiti dell'Agriturismo I Pitti e del Casa Rowe B&B - possessori biglietti Museo SMI - Parco di Pinocchio - Grotta del Vento - Centro Guide Pistoia)
Famiglia € 40.00 [2 adulti e 2 minori] (7 - 17 anni)
Acquista il biglietto online su https://www.irsapt.it/it/biglietteria/biglietteria/
Museo di Pistoia Sotterranea orari e biglietti di ingresso
19/10/2024
L’Ospedale del Ceppo fondato nel XIII secolo, divenne ben presto il maggior centro sanitario della città. L’edificio fu ampliato a più riprese nei secoli; specie durante la pestilenza del 1348 e nel Quattrocento quando si costruì l’ala con la facciata dal loggiato rinascimentale ornato dal fregio robbiano in terracotta invetriata. Il nucleo originario è formato dalla corsia di Sant’Atto, con grandi finestre e un’architettura simile a una chiesa; al suo interno c’era anche un altare, perché all’epoca i malati dovevano per prima cosa raccomandarsi a Dio!
Nell'altra antica ex-corsia di San Leopoldo sono invece oggi i locali dell'Accademia Medica Pistoiese. In antico questa corsia era utilizzata come lazzaretto, come si può intuire dal camminamento da cui passavano i medici “visitando” a distanza gli ammalati contagiosi,calando loro dall’alto medicine e vivande. Nell’ospedale fin dal Cinquecento, si tenevano lezioni di chirurgia. La Scuola medico-chirurgica di Pistoia (l’unica del Granducato), fondata nel 1666, prosperò molto nel Settecento, quando assieme ad altre istituzioni scientifiche granducali - quali ad esempio la Specola di Firenze – divenne oggetto di attenzione estrema da parte di Pietro Leopoldo di Lorena.
La scuola, suddivisa in tre classi, durava sei anni ed era frequentata da un ristretto numero di studenti, tra i quali anche il celebre anatomo-patologo pistoiese Filippo Pacini, che scoprì per primo nel 1854, il vibrione che venne poi da Koch descritto come il bacillo del colera. La scuola fu attiva fino al 1844, quando fu chiusa per il basso numero di frequenze. L‘Accademia medica, intitolata a Pacini ne ha raccolto l‘eredità.
Nel salone allestito nel dopoguerra con gli arredi provenienti dalla farmacia dell'ospedale e dalla scuola, ha un considerevole numero di ferri chirurgici datati tra il XVII e il XIX secolo appartenuti alla Scuola.
Il Museo documenta quanto la fantasia dei chirurghi dell’epoca fosse senza limiti!
Forcipi, bisturi, cauteri, sonde uretrali in argento, pinze, specilli, uncini e quant’altro serviva più che a curare ad esplorare i recessi del corpo umano! A Pistoia esistevano fiorenti officine che producevano sia armi che strumenti chirurgici, che erano noti per l’altissima qualità in tutta Europa. Il termine bisturi proviene infatti da bistorio, tipico coltello fabbricato a Pistoia, che deriva a sua volta da Pistorium, il nome latino della città.
La visita prosegue quindi con la parte storica dell'ospedale, dove si trova l'anfiteatro anatomico, il più piccolo del mondo, un gioiellino architettonico che è uno dei tesori nascosti di Pistoia, in cui si tenevano le lezioni di anatomia. E' un rarissimo gioiello tardo settecentesco neoclassico, totalmente affrescato secondo il gusto dell’epoca con grottesche e medaglioni dai colori pastello: rosa, azzurrino e verdolino; un contrasto forte tra la funzione del luogo e la sofisticata aria da salottino che suscita un fascino cinicamente straniante.
Il Teatro Anatomico è stato utilizzato per le lezioni anatomiche ed è rimasto inalterato dal 1785, anno di costruzione.
19/10/2024
Pistoia Museo dello Spedale del Ceppo orari e biglietti di ingresso
Il Museo Civico di Pistoia si trova nel Palazzo Comunale in Piazza del Duomo e raccoglie le opere più significative di sette secoli di storia artistica della città, dal XIII al XIX secolo.
Le circa 300 opere sono disposte in ordine cronologico e per raggruppamenti di scuola (fiorentina, pistoiese) e testimoniano le alterne vicende di dipendenza ed autonomia da Firenze nel corso del tempo.
Nel Museo sono riccamente rappresentate i polittici trecenteschi a fondo d’oro e un nutrito gruppo di “Sacre Conversazioni” della prima metà del Cinquecento. Vi sono anche diverse opere del Sei e Settecento, come pure la pittura ottocentesca di soggetto storico e di gusto romantico con opere volute dal committente Niccolò Puccini è ben rappresentata.
Al secondo piano sono presenti delle opere e bozzetti del celebre architetto pistoiese Giovanni Michelucci.
Pistoia Civico Museo d'Arte Antica - breve descrizione, orari e biglietti di ingresso
19/10/2024
La Toscana, oltre ad essere famosa per le straordinarie città d’arte e gli incantevoli paesaggi, ha sviluppato, in connubio
con le sue bellezze naturali, numerose attività nel settore florovivaistico. Tra queste spicca il vivaismo ornamentale, che vanta un’antica tradizione e rappresenta un'importante risorsa economica per tutta la regione. In particolare, ormai da molti anni il nome di Pistoia é diventato sinonimo di "Vivai di piante ornamentali".
La nascita del vivaismo viene fatta coincidere con la creazione del primo vivaio quando Antonio Bartolini, giovane giardiniere pistoiese, nel 1849 cominciò a coltivare piante ornamentali destinate alla vendita, diventando un esempio ben presto imitato da molti concittadini. La creazione dei primi vivai proprio in questa zona non fu casuale, ma frutto di una cultura secolare che affonda le sue radici nella storia della Toscana, dove i parchi delle grandi ville storiche, fin dal tempo dei Medici, erano modelli per i più importanti giardini europei.
Il Vivaismo pistoiese, dopo aver conosciuto un notevole impulso nell’immediato dopoguerra, che ha contribuito a radicarlo fortemente nella cultura e nella storia del territorio, é circa un quarto di quella vivaistica ornamentale italiana, con una superficie stimata di oltre 5.200 ettari, di cui circa 1000 in contenitore, e alla presenza di oltre 1500 aziende vivaistiche. Tutto questo ha permesso al Vivaismo Pistoiese di essere riconosciuto come uno dei leader più importanti in Europa nel settore delle piante ornamentali da esterno.
Questo primato si fonda su vari punti di forza:
Il Vivaismo Pistoiese offre una vasta gamma di prodotti, disponibili in varie misure e forme di allevamento, in zolla o in contenitori di diverso tipo:
Il nome Barni, a Pistoia, è sinonimo di rose. Una tradizione che affonda le sue radici nel lontano 1882, quando Vittorio Tommaso Barni avviò un piccolo vivaio dedicato alla coltivazione di ortaggi, viti e piante ornamentali per i giardini della nobiltà fiorentina. Già allora, la qualità delle piante e l’attenzione ai dettagli rendevano l’attività una realtà apprezzata e pronta a crescere.
Negli anni ’30, gli eredi del fondatore decisero di cambiare rotta, trasformando l’azienda in un centro specializzato nella coltivazione delle rose. Una scelta coraggiosa, dettata dalla crescente richiesta di fiori ornamentali, che gettò le basi per una lunga tradizione di eccellenza nell’ibridazione.
La vera svolta arrivò però negli anni ’40, quando il vivaio decise di puntare tutto sulle rose. Le collaborazioni con importanti ibridatori internazionali portarono un nuovo slancio creativo e tecnologico, conferendo a Rose Barni una reputazione sempre più prestigiosa. Non era più solo un vivaio locale, ma una realtà destinata a farsi notare a livello globale.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il vivaio si lanciò in una nuova sfida: sviluppare varietà di rose uniche, con colori più vivaci, profumi intensi e una maggiore resistenza alle malattie. Il risultato? Le rose Barni iniziarono a conquistare giardini privati e spazi pubblici non solo in Italia, ma anche all’estero.
Tra i fiori più iconici creati dall’azienda troviamo le rose a cespuglio, le rampicanti e quelle da collezione. Ogni varietà è il frutto di una meticolosa ricerca genetica e di una passione instancabile per la bellezza e la qualità. Rose Barni è diventata un marchio che profuma di eleganza e che, oggi, continua a far sognare giardinieri e appassionati di tutto il mondo.
Giunta alla quarta generazione, la famiglia Barni non ha perso lo spirito innovativo che ha caratterizzato i suoi inizi. La creazione di nuove varietà attraverso processi avanzati di ibridazione e l’attenzione all’ambiente restano al centro della loro missione. Il marchio Barni è protagonista di esposizioni internazionali, dove raccoglie premi e riconoscimenti a testimonianza del suo ruolo di leader nel settore florovivaistico.
Con oltre 140 anni di storia e più di cento varietà create, Rose Barni rappresenta oggi un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. Ogni rosa racconta una storia fatta di passione, cura e amore per la natura, incarnando l’artigianalità italiana e la capacità di evolversi senza perdere di vista le proprie radici. Pistoia, grazie a Rose Barni, continua a fiorire come uno dei poli florovivaistici più importanti d’Europa.
Rose Barni
Via del Casello, 5
51100 Pistoia (PT)
Tel. +39 0573 380464
e-mail: info@rosebarni.it
Pistoia - e i Vivai
5/11/2024
Nato negli anni ’70 dello scorso secolo da un’iniziativa spontanea della popolazione di Rivoreta, minuscolo borgo ai piedi del Libro Aperto, è stato trasformato nel corso degli anni in un vero e proprio itinerario della vita quotidiana della gente dell’Appennino dai secoli scorsi ai giorni nostri.
Vi sono raccolti oggetti del lavoro e della vita quotidiana, immagini, evocazioni, suoni e storie, sollecitando il visitatore a calarsi nella dimensione del “fare con le mani”.
È possibile sperimentare la propria creatività e manualità nel Laboratorio del giocattolo, dove bambini e ragazzi possono divertirsi a costruire oggetti e giochi della tradizione con materiali di recupero.
In un antico metato restaurato è stata allestita la Sezione della lana, che ospita un grande telaio dei primi del Novecento con i relativi accessori; qui il visitatore può provare a tessere, come facevano un tempo gli abitanti del posto.
Museo Gente dell'Appennino Pistoiese - Rivoreta
19/10/2024
“Birignoccoluti”, in pistoiese stretto, o “confetti a riccio”, sono due dei modi con cui vengono chiamati i confetti di Pistoia. Bianchi, di varie dimensioni – 5, 10, 20 fino ai giganti di 100 e 150 grammi - si distinguono da tutti gli altri per la forma tonda, irregolare e bitorzoluta. Una forma che ci riporta alle origini del confetto. Sappiamo infatti che i primi confetti, dalla forma increspata, furono portati in Italia dall’Oriente, tra il 1100 e il 1200, da mercanti veneziani.
Nell’Impero di Bisanzio, durante le feste, era uso che i nobili li gettassero dai balconi sul popolo festante. La forma increspata - caratteristica ancora oggi del confetto di Pistoia - li rendeva più resistenti alle cadute. Le prime notizie sui confetti di Pistoia risalgono al Medioevo, quando gli anici confecti – così venivano chiamati allora i confetti – vengono utilizzati dall’Opera di San Jacopo durante un pranzo offerto alle autorità civili e religiose, il 25 luglio 1372, per i festeggiamenti del patrono cittadino.
Prodotti dalla Corporazione dei medici e degli speziali per la potente Opera di San Jacopo, si diceva che avessero proprietà digestive e anche medicamentose contro la peste. La ricetta originale del confetto di Pistoia prevedeva acqua, miele e, solo ed esclusivamente, un cuore di anice; solo in seguito si è passati ad utilizzare anche mandorle, canditi o cioccolato.
La forma particolare è dovuta al tipo di lavorazione, che è rimasta la stessa dalla metà del XIX secolo quando, con la nascita dei primi zuccherifici, si iniziò ad utilizzare lo zucchero al posto del miele. Dentro dei recipienti ruotanti di rame, dette bassine - una volta dei paioli di rame - le anime dei confetti vengono avvolte da una prima copertura di zucchero a velo, detta “imbastitura a velo”. Successivamente, da un imbuto si fa cadere lentamente - all’inizio a filo e poi a goccia - dello zucchero sciolto in acqua che va a formare il riccio. Occorrono almeno 10 ore di lavorazione per ottenere i confetti di Pistoia. Una lavorazione artigianale, lunga e costosa, rispetto a quella del confetto classico, a forma di fagiolo, che i moderni macchinari possono sfornare a centinaia in pochi minuti. E proprio gli alti costi della lavorazione, sommato ad un cambio generale di costume, sono state le cause principali del declino della produzione del confetto di Pistoia. A partire dagli anni Sessanta, la bomboniera - che contiene pochi confetti - ha sostituito l’usanza in voga fino agli anni Cinquanta, di acquistare per il matrimonio chili e chili di confetti da lanciare agli invitati, fuori dalla chiesa e lungo le strade dove passava il corteo degli sposi.
Oggi a Pistoia il confetto è prodotto solo da due laboratori artigianali, una produzione di nicchia, ma in costante aumento. Da regalare nei semplici sacchetti o in confezioni più eleganti, il confetto di Pistoia è una vera e propria prelibatezza, adatto per tutte le occasioni,. Quello tradizionale con l’anice, a fine pasto, aiuta nella digestione.
Nello storico laboratorio - negozio “Bruno Corsini”, attivo dal 1918, come testimoniano le belle foto d’epoca dell’archivio della famiglia, in Piazza San Francesco, è possibile acquistare gli originali confetti di Pistoia con l’anice, oltre alle altre varianti. Da poco, come ci dice Giorgia Corsini, pronipote del fondatore Umberto: “Abbiamo iniziato a produrre una nuova linea Officinale, ricavata da antiche ricette, con un cuore di finocchio, di cumino o di coriandolo”.
I confetti di Pistoia sono prodotti anche dalla più giovane, ma anch’essa storica produzione artigianale “Confetteria Pistoiese”, che negli ultimi anni ha deciso di affiancare ai confetti una linea di prodotti dolciari del territorio.
Bruno Corsini Piazza San Francesco 42, Pistoia www.brunocorsini.com
Confetteria Pistoiese Via Macallè 77/79, Pistoia www.confetteriapistoiese.com
Il confetto di Pistoia una specialità pistoiese dove trovarlo
19/10/2024
L’ emblema di Lamporecchio, piccolo comune del Montalbano pistoiese, è un piccolo dolce croccante dal gusto unico e inconfondibile: il brigidino. Solo pochi non lo conoscono perché generalmente si trova sulle bancarelle di fiere e sagre di tutta Italia e non ci si può sbagliare. Queste cialde dal retrogusto di anice sono così famosi da essere rammentate persino nel vocabolario della Crusca.
Il brigidino è una sfoglia rotondo con un diametro di circa 7 cm, sottile come un'ostia e dai bordi irregolari. Fragile e croccante, ha un inconfondibile colore arancio-giallo e un sapore unico di anice combinato con pasta dolce fatta di zucchero, farina, uova.
La produzione risale al periodo rinascimentale. Ci sono diverse ipotesi sull'origine del nome, ma quella più affermata dice che il nome deriva dalle Brigidine, monache di un convento di Lamporecchio devote a Santa Brigida.
Tradizionalmente preposte alla preparazione delle ostie per la comunione, le suore hanno inventato la ricetta di queste sfoglie verso la metà del 16 ° secolo, che non a caso hanno la forma delle ostie dato che sono state fatte premendo l'impasto tra due piastre di ferro circolari molto calde.
Questa somiglianza ha alimentato una leggenda nel corso degli anni: che i brigidini sono nati per errore. Tutto è iniziato con un errore commesso da una suora di S. Brigida mentre stava preparando l'impasto per le ostie. Per non perdere la miscela, le sorelle decisero di perfezionarla con l'aggiunta di semi di anice.
Questo è il modo in cui è stato creato questo "piacere speciale" - come definito da Pellegrino Artusi nel 1851 nel suo famoso del volume "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene".
Errore o meno, il successo dei brigidini è stato immediato e si è diffuso in tutta la zona Pistoiese, ma Lamporecchio è sempre rimasta come loro luogo di produzione, come testimoniato da un vecchio modo di dire toscano "tutti i brigidini provengono da Lamporecchio".
Questi dolci sono subito diventati una caratteristica essenziale in fiere e sagre contadine.
Viene venduto a tutte le feste e le sagre paesane.
Lo si trova anche in vendita sulle bancarelle che si trovano lungo le vie principali di alcune città toscane, per es. a Lucca.
Tuttavia, per chi capitasse a Lamporecchio, la pasticceria più rinomata per i brigidini è:
Pasticceria Carli
Piazza Francesco Berni, 20
51035 Lamporecchio
Il Brigidino di Lamporecchio breve storia e dove trovarlo
19/10/2024